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La coppia in crisi

  • Dottoressa Cafarelli
  • 23 mar 2021
  • Tempo di lettura: 8 min

Aggiornamento: 22 lug 2021


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La coppia in crisi


L’idea di lavorare con la coppia come unità di trattamento è relativamente nuova: ha probabilmente solo quarant’anni. Abbiamo cominciato pensando alla coppia come composta solo da due individui e quindi la trattavamo con il solo approccio conosciuto, quello psicodinamico. I coniugi venivano visti individualmente e solitamente da due diversi terapeuti. Ci siamo resi conto in seguito che la coppia è composta di tre parti, due individui e una relazione: io, tu, noi. Ogni parte deve essere utilizzata per poter guardare, dal momento che ognuna ha un significato nella vita di coppia.


La prima: la possibilità di formare una coppia sana dipende dalla capacità di avere un senso di eguaglianza rispetto all’altro. Questo in contrasto con l’idea vecchia di secoli che la coppia si basa su una diseguaglianza per cui si forma una relazione di dominanza- sottomissione del tipo vittima- carnefice, infermiere- malato ecc…


La seconda: ogni persona, maschio o femmina che sia, contiene parti intuitive e parti cognitive. Per funzionare al meglio queste parti devono essere sviluppate e integrate.

In passato gli uomini sono stati relegati nel ruolo cognitivo e le donne in quello intuitivo.


Credo che il bisogno di pienezza comune a tutti necessiti di entrambi.

È risultato poi chiaro che questo arrangiamento richiede ” la morte del sé” al servizio della ” sicurezza amorosa ” e che porta con sé effetti collaterali catastrofici come senso di colpa, ansia e paura.


A loro modo, attraverso i sintomi, le coppie combattono per diventare un intero. Da qualche parte nel profondo sanno che questi effetti collaterali se ne andranno quando saranno persone intere. Il problema è che non sanno come raggiungere questa interezza e questo bisogno è fonte di difficoltà. Per aiutarli a cambiare le basi della loro relazione, dobbiamo aiutare ciascuno a diventare un tutto. Questo implica un radicale cambiamento nella coscienza. Credo che una relazione sana possa instaurarsi solo tra due persone che si sentano di eguale valore l’una rispetto all’altra. I miei sforzi come terapeuta vanno in questa direzione.


La terza: l’identità è separata dal ruolo. Da sempre il ruolo è stato il fattore più importante nella strutturazione dell’identità.

Se si chiede a qualcuno chi è, è probabile che egli risponda in termini di ruolo: sono una casalinga, faccio il dottore ecc… il ruolo descrive che cosa uno è.


La quarta: una buona valutazione di se stesso è il fondamento delle decisioni su come comportarsi. Se una persona ha un basso concetto di sé, le sue scelte saranno fatte in termini di decisioni a favore o contro se stesso, compromettendone di conseguenza l’integrità. Le persone con un’altra stima di sé prenderanno delle decisioni in base a degli elementi oggettivi di valutazione: sono persone che possono essere oneste e che sono in grado di amare autenticamente. Le difficoltà ad affrontare i problemi all’interno di una coppia sono sempre riconducibili alla scarsa stima di sé dei partners.


La terapia di coppia dal punto di vista sistemico: una ricerca in corso

L’origine del rapporto tra il terapista e la coppia è una richiesta di aiuto che si esprime con la presentazione di un problema: una cattiva comunicazione, una difficoltà sessuale, dei conflitti di opinione o di interesse.

Quando la richiesta designa la coppia, il terapista si trova di fronte ad una realtà sistemica particolarmente complessa. Quella di coppia è l’unica relazione sistemica che non ha né una base biologica, come il legame genitoriale, né una base logica come un legame di lavoro. Nella nostra cultura è una relazione definita da una scelta soggettiva reciproca e può, in ogni momento, essere rimessa in discussione su basi altrettanto soggettive.


Il comportamento sessuale come barometro e strumento di terapia

Il terzo vantaggio consiste nel fatto che, focalizzandosi sul comportamento sessuale, il terapeuta evita il rischio di diventare l’arbitro o il giudice nelle contese della coppia. Può di conseguenza mantenere una certa mobilità evitando di essere percepito come il rivale, un potenziale partner o un genitore da un membro della coppia e può variare il suo coinvolgimento con i pazienti man mano che si affronta un tema di così grande emotività come il rapporto sessuale.


Le minacce all’Intimità di coppia

I ricercatori hanno sempre avuto notevoli difficoltà a definire di che cosa è fatta l’intimità di coppia. L’intimità include protezione e attaccamento. Nella vita adulta questi aspetti non sono legati solo ed esclusivamente alla sessualità. Tradizionalmente l’equilibrio all’interno del matrimonio prevede che la donna svolga una funzione ” nutritiva ” nei confronti dell’uomo e che questi abbia un ruolo protettivo nei confronti della propria compagna. Se da una parte ci si interroga molto su questi costrutti, dall’altra è anche vero che essi rientrano ancora largamente nelle aspettative con cui uomini e donne si accostano al matrimonio.


Due specifiche componenti del comportamento adulto sono rilevabili nelle occasioni intime: l’attaccamento e l’affiliazione.


L’attaccamento

Gli studi sull’attaccamento nella vita adulta rilevano quattro punti seguenti, identificabili peraltro anche nel modello proprio dell’infanzia.

1) Il bisogno di un accesso immediato alla figura d’attaccamento.

2) Il desiderio di vicinanza alla figura di attaccamento in situazioni di grande stress.

3) Una sensazione di minor disagio e minore ansietà in presenza della figura d’attaccamento.

4) Un notevole aumento del disagio e dell’ansietà allorché la figura d’attaccamento è inspiegabilmente non accessibile.

Spesso le coppie rimangono insieme perché temono di non poter sopravvivere separatamente. Nel corso del processo di separazione mascherano e dominano questa paura sviluppando reciprocamente rabbia e aggressività tali che portano la separazione a essere indistinguibile dall’uccisione dello sposo/a in procinto di partire o già partito/a. una battaglia di queso genere lascia pesanti cicatrici sui figli oltre che sulla coppia stessa ed essi spesso portano avanti la loro lotta anche nella relazione successiva.


Bibliografia

” Il cambiamento nella coppia “, Virginia Satir

” La terapia di coppia dal punto di vista sistemico”, Philippe Calle

” Prigionieri del ruolo sessuale “, Peggy Papp

“Terapie di coppia in una società disgregante “, Kitty La Perriere


Uno dei pregiudizi più diffusi in merito al pianeta coppia è che dopo un certo lasso di tempo su uno dei pregiudizi più diffusi in merito al pianeta coppia è che dopo un certo lasso di tempo subentra la “famosa” noia. Questi contenuti riguardano ovviamente sia le coppie etero, che gay, in alcuni casi come nella più moderna letteratura, anche le coppie di amanti nel senso di clandestine per vari motivi. In realtà basta ragionare per capire che, se non si tratta di una relazione di sola facciata, certo come tante, ma vera, continuerà all’insegna di sentimenti d’amore e rispetto crescenti. Tra uomo e donna sussistono comunque due modi molto diversi di vedere e sperimentare le medesime situazioni. La donna si spende molto in genere per i figli e per la casa trascurandosi e non venendo apprezzata fino in fondo, l’uomo lavora principalmente fuori casa illudendosi magari quando le cose non vanno bene, tipo una stasi tra i due partners stessi, cercando piccole fughe come se possano aiutare a ripristinare l’omeostasi. Qualcuno pensa addirittura e progetta di fare un figlio per migliorare le cose. Queste affermazioni sono sicuramente pregiudizievoli, qui si vuole però solo fare un quadro antropologico, se vogliamo, della situazione culturale e sociale italiana attuale. In realtà se poi si va da uno specialista è certo che ogni coppia è diversa dalle altre e ha fatto il suo percorso!

Un altro ingrediente da mettere sulla creazione di una noia nella coppia sia essa etero o omosessuale è la grande facilità di stimoli che ci circonda ma soprattutto la grande quantità di stress che alcune tipologie di stili di vita fanno inevitabilmente venire. Qualora non si parla di coppia ma di famiglia invece le cose cambiano.

Occorre dunque un cambio di mentalità a 360 gradi per costruire in maniera positiva tra due persone che si trovano in una stasi affettiva o sessuale. L’amore autentico dopo un primo “periodo di collaudo” non è cambiare l’altro o dominarlo, ma lasciarlo libero di esprimersi rispettando però regole precise, affidabili, implicite o esplicite che siano, ma immutabili. Insomma certezze, come si riscontra in un linguaggio più comune. Solo se la coppia ha gettato delle basi comuni di intenti e rispetto si potrà ricostruire. Ossia la coppia deve essere riuscita a crescere e creare una retroazione positiva di auto mutuo aiuto. La coppia va in crisi solo quando i problemi si sottovalutano e non si sanno affrontare su un piano di dialogo. La soglia del rispetto e dell’onestà mentale non andrebbe mai superata. Se si sbaglia bisognerebbe ripagare e non ripetere lo stesso errore all’infinito. Non serve farsi venire sensi di colpa o attribuire all’altro le responsabilità. Esse in una relazione riguardano entrambi.

Se da soli tutto questo non si riesce a mantenere e creare su un piano relazionale e si scappa dalle responsabilità, anche economiche, ci si può avvalere di un consulente di coppia. Innanzitutto diventa un arbitro neutrale, aiuta a comunicare e a creare uno spazio per comunicare. Propone degli obiettivi alla coppia e monitora l’andamento senza ad esempio scivolare in un eterno conflitto, sottoponendo a liti estenuanti i figli.

Le passioni tristi di rabbia, malumore, insoddisfazione fanno male anche ai componenti della coppia stessa. Inoltre un terapeuta qualificato può aiutare ad individuare eventuali psicopatologie in uno dei due membri o addirittura nei rapporti con le famiglie di origine che spesso sono la causa di attrito. Quindi tra due persone che si amano veramente e non solo nella facciata, la noia è un campanello d’allarme positivo, di cui essere consapevoli. Sta a rappresentare il fatto che bisogna chiarirsi su alcune cose , il rischio altrimenti è una probabile separazione o uno stile di vita infelice.


La nostra identità ci sembra spesso qualcosa di immutabile. Percepiamo talvolta un senso coerente di noi stessi, del nostro modo di vedere la vita, di esperire sensazioni, di agire anche se ci troviamo in vari ambiti geografici o culturali. In realtà se ci guardiamo indietro noteremo ben presto che l’identità che ci accompagna nelle varie tappe del nostro cammino è mutabile, in continua evoluzione. Essa infatti è la somma di una serie di eventi che nella vita si intrecciano sino a plasmarci nel profondo. Prima la psicologia considerava l’identità e l’identificazione con dei modelli culturali, ruoli, comportamenti, mentalità, il frutto degli insegnamenti infantili nel senso che le prime esperienze di vita si ritenevano un punto centrale nella maturazione dell’individuo. Di recente si è visto invece che non solo il tipo di famiglia in cui si è vissuti è importante ma anche e soprattutto l’esperienze scolastiche e amicali sino all’età dell’adolescenza. L’immagine di noi stessi, quindi frutto di esperienze di un’intera vita è fondamentale al fine di spingerci a comportamenti sani, costruttivi. Bisognerebbe riuscire ad arrivare nel percorso maturativo ad una accettazione e visione realistica di noi stessi, cioè non troppo positiva ma neanche negativa, possibilmente realistica che punti ad un nostro benessere più che al raggiungimento di una perfezione generica. Si può modificare un’immagine negativa di noi stessi o peggio ancora confusa, non ben delimitata nei suoi confini con un senso di appartenenza atemporale e non ben individuato? Un’ immagine distorta del sé si può innanzitutto individuare dalla presenza nella persona di stati di angosce, tristezza, scarsa iniziativa e così via. Una volta che lo psicologo ha accertato una ansia diffusa e un’immagine di sé distorta si può provare a correggere e scollarsi di dosso certe “certezze” negative, convinzioni poco utili per la persona stessa. Rieducarsi poi comporta un difficile ma non impossibile cammino di continuo confronto con uno psicologo, volendolo, in cui ci si prefiggono dei piccoli obiettivi e si verificano di volta in volta. Questa tecnica è fondamentale perché, per fare una metafora, una pallina che ha sempre ruotato in una direzione soltanto con estrema ruggine può riprende a rotolare dall’altro lato. Non solo, ma dopo che abbiamo riappreso a conoscere i nostri confini cognitivi ed emotivi, tra la nostra realtà interna ed esterna, bisognerà poi stabilizzarli nel tempo al variare degli eventi. Quando si superano i primi tre mesi di un comportamento appreso, funzionale e nuovo come nella lotta alla dipendenza all’alcool, o a essere metodici in un programma di studi scolastici, soltanto allora, se il contesto che ci circonda ci aiuterà nei nostri intenti, si può dire che ci siamo rieducati ad una visione di noi stessi e del mondo ragionevole.



 
 
 

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